Obbiettivo Agenti e il suo conduttore Davide Ricci ospitano oggi in puntata l'avvocato civilista Lorenzo Bianchi e il penalista Valerio Colapaoli.
Viene loro sottoposta la vicenda di un anonimo ascoltatore: nel corso dell'anno, la mandante gli ha presentato un nuovo contratto, firmato dalle parti con decorrenza retroattiva, che prevede un notevole abbassamento di provvigioni, fino al 10% se il suo fatturato si rivelasse inferiore rispetto alla media nazionale. L'azienda avrebbe dovuto chiudere il contratto precedente prima di aprirne uno nuovo?
Appuntamento alle 18:05 per la risposta!
Il riassunto della puntata:
Nella puntata di oggi, un'azienda mandante fa firmare un nuovo contratto all'agente di commercio con una variazione provvigionale. Avrebbe dovuto chiudere il contratto precedente prima di aprirne uno nuovo?
La risposta di Bianchi è lapidaria: l'azienda ha la facoltà di farlo senza troppi paletti da rispettare; non serve, necessariamente, la disdetta, perché con il nuovo contratto, a sostituzione del vecchio, viene data una nuova regolamentazione al rapporto. Questo lo conduce poi a una riflessione: in questo caso, una mandante decide di modificare il regime provvigionale non tramite variazioni, ma addirittura redigendo un nuovo contratto. Quindi, decide di proporre delle nuove provvigioni – il contratto è una proposta – e non di imporle con una modifica ai termini precedentemente stabiliti. La variazione può essere rifiutata con conseguente cessazione solo se di sensibile entità (quantificabile nel 20% nel settore commercio e nel 5% per l'industria). Questo contratto poteva rimanere una proposta, se l'agente lo avesse rifiutato sarebbe rimasto in vigore quello precedente.
A questo punto, si ricorda che la mandante è obbligata, per legge, a comunicare la cessazione ad Enasarco: uno strumento per verificare se ci sia o meno continuità del rapporto è la presenza di questa comunicazione, che viene inviata anche all'agente da parte dell'ente previdenziale.
In questa fattispecie però, gli attori rimangono gli stessi. Dunque, visto che il diritto indennitario matura nel momento in cui c'è la cessazione del rapporto, ed essendo questa non tanto una cessazione quanto una sostituzione del contratto, solo quando la collaborazione sarà definitivamente archiviata, verosimilmente alla fine di questo secondo mandato, l'agente potrà reclamare le sue indennità, calcolate su tutte le annualità di lavoro. Una clausola che lo specificasse nel contratto, che esplicitasse la continuità del rapporto riservando le indennità per la cessazione del secondo mandato, renderebbe il tutto più trasparente ed equo. Le stesse considerazioni varrebbero anche se i soggetti cambiassero, per esempio se l'azienda cambiasse ragione sociale: l'aspetto importante è l'assenza di punto di rottura tra un mandato e l'altro, con una continuità lavorativa facilmente dimostrabile da ordinativi, fatture, estratti conto provvigionali e così via.
L'ascoltatore, nel racconto di quanto gli accade, lamenta che la mandante abbia deciso di scendere notevolmente con le provvigioni se il fatturato non sarà allineato alla media nazionale. È un comportamento lecito, poiché, in materia agenziale, l'unica cosa proibita è il lavoro gratuito, essendovi piena e assoluta libertà di pattuizione del compenso. “Forse troppa” commenta amaro Lorenzo Bianchi. Non esistendo un minimo retributivo, sembra fuori luogo il concetto di “equo compenso” richiamato in talune attività.
Tuttavia, sempre Bianchi cita la direttiva europea del 1986: in assenza di contratto, l'agente deve essere retribuito in misura conforme a quelli che sono gli usi del territorio in cui opera. Una disposizione che andrebbe applicata in maniera capillare, soprattutto nel mondo dei monomandatari, dove è diffuso il malcostume degli anticipi provvigionali con cui spesso le mandanti ricattano i collaboratori: versano degli anticipi, sempre molto modesti, che poi devono essere scalati dal saldo provvigionale, che diventa, quasi sempre, negativo.
In tal modo, gli agenti non possono nemmeno cessare il rapporto, perché, avendo accumulato debito, rischierebbero di vedersi privati anche dell'indennità di clientela, che verrebbe trattenuta in compensazione. Stabilire, fin da subito, i compensi a cui si ha diritto è l'unico modo, per l'agente, di tutelare la propria posizione, ma questo non impedirà, durante il mandato, all'azienda di variare il contenuto del contratto; sarebbe opportuno un intervento normativo organico, a modificare questo indirizzo.
Avendo ormai assodato che la posizione dell'azienda, dal punto di vista del contratto di agenzia, è solidamente lecita, Davide sonda il campo penale: il contratto retrodatato è lecito? Il penalista in studio offre la sua lettura: nell'ambito del contratto di agenzia, se le parti, in piene libertà e concordia e senza costrizioni, decidono di apporre una data antecedente, per regolamentare rapporti già intercorsi, non c'è nulla di illecito. Diverso il caso di una scrittura retrodatata che venga utilizzata contro gli interessi di qualcuno. D'altronde, la data certa è difficilmente verificabile nel contratto di agenzia, l'unica soluzione potrebbe stare nell'invio tramite raccomandata aperta, con timbro sul contratto stesso.