Il contratto di agenzia può prevedere un accordo tra l’agente di commercio Enasarco e l’azienda mandante per cui quest’ultima si obbliga a corrispondere all’agente un anticipo provvigionale, di solito un importo mensile stabilito. Non è inconsueto che questo accada in particolare all’inizio dell’attività, come supporto per l’avvio delle vendite e in attesa della maturazione delle provvigioni.
L’anticipo è un acconto, appunto, sulle provvigioni non ancora maturate. Al contrario del rimborso spese e del fisso mensile, l’anticipo provvigionale è soggetto a conguaglio. Si fa, dunque, il conteggio della differenza tra le provvigioni maturate e la cifra anticipata e, nel caso in cui la seconda sia superiore alla prima, l’agente di commercio sarà tenuto a restituire la parte eccedente.
Una situazione di questo tipo si presenta spesso in occasione della cessazione del rapporto. Non è così infrequente, infatti, che la mandante chieda la restituzione degli acconti pagati in più rispetto a quanto effettivamente maturato proprio al momento dei conteggi finali.
È quello che è accaduto a un agente di commercio che ha scritto alla redazione di Radio Agenti: “Ho ricevuto un anticipo provvigionale di 3.000€ al mese per 3 anni, mai conguagliato. Ora che ho inviato la disdetta del mandato, mi chiedono la restituzione di 45.000€ come differenza tra le provvigioni effettivamente maturate e gli anticipi corrisposti. Immaginavo che il conguaglio fosse al massimo annuale e, visto che non è mai stato richiesto, che fosse ormai decaduto. È corretto che la mandante mi faccia ora il conguaglio di 3 anni di lavoro e mi chieda indietro una somma così ingente?”.
La risposta del nostro legale: “Il conguaglio dell’anticipo provvigionale è stato qualificato dalla Cassazione come restituzione dell’indebito arricchimento, quindi con prescrizione decennale. Questo significa che l’azienda mandante può effettuare il conguaglio e richiedere indietro le somme degli anticipi provvigionali in un tempo massimo di 10 anni”.
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