
Accade – nemmeno troppo di rado – che l’agente di commercio si trovi incaricato dalla mandante a svolgere l’attività di incasso presso i suoi clienti.
Se questa ulteriore attività non fosse stata pattuita fin da subito in contratto, è possibile farsela riconoscere comunque dall’azienda?
Alle 13:05 ascolta la puntata in onda sull’app di #RadioAgenti.
Ospiti in studio: gli avvocati Lorenzo Bianchi e Valerio Colapaoli, esperti in Diritto di Agenzia.
Il riassunto della puntata:
L’indennità di cassa, ovvero quel particolare compenso per l'attività di incasso e riscossione, se è una mansione che la mandante chiede all’agente di commercio di svolgere, deve essere nominata e prevista nel contratto per essere riconosciuta?
Innanzitutto, una precisazione: questa indennità, definita come una “provvigione di cassa”, deve essere distinta da quella di vendita. Il problema sorge quando non vi è alcuna distinzione in merito e l'agente svolge anche questa funzione, sin dalla stipula del contratto. In questo caso, infatti, la provvigione lì indicata sarà da intendersi onnicomprensiva, e quindi, successivamente, sarà impossibile andare a reclamare una qualche apposita retribuzione.
D'altro canto, se la richiesta di assolvere anche a questo compito arrivasse all'agente in costanza di rapporto, e non al suo inizio, una rivendicazione in merito avrebbe un fondamento. Infatti, ciò vorrebbe dire che alla stipula del contratto la necessità che fosse l'agente a riscuotere non sussisteva, e che per questo non è stato previsto un relativo compenso.
Si rammenta, inoltre, che la prescrizione per questo aspetto è quantificata in dieci anni, in quanto il mancato riconoscimento di ciò configura un inadempimento per responsabilità contrattuale.