Lo “star del credere” esiste ancora? Ci sembrava, in effetti, fosse stato abolito da lungo tempo, ma a quanto pare – come racconta un nostro ascoltatore nella puntata di oggi – ne sopravvive ancora qualche esempio.
Giacomo, agente di commercio plurimandatario, non si vede a tutt’oggi ancora riconosciuto un premio relativo ad un obiettivo di tre anni prima. Gli verrà liquidato, maturando questo premio sul reale incassato, solo quando un cliente, in piano di rientro per un'insolvenza, pagherà l'ultima rata, prevista per la fine dell'anno in corso.
Comportamenti da parte delle aziende, come questo descritto, possono essere ricondotti alla pratica dello “star del credere”? O non è così? Le mandanti che attuano queste politiche sono nel giusto?
Lasciamo la risposta all’avvocato Lorenzo Bianchi, ospite oggi in trasmissione. Appuntamento alle 13:05 con Obbiettivo Agenti!
Il riassunto della puntata:
Un’azienda nega a un nostro ascoltatore il pagamento di un premio che ha maturato perché il cliente non ha saldato tutto il dovuto alla mandante. L’agente di commercio lamenta l’applicazione da parte della mandante di una sorta di “star del credere”.
Ma l’avvocato Lorenzo Bianchi, esperto di Diritto di Agenzia e consulente della trasmissione Obbiettivo Agenti, condotta come di consueto da Davide Ricci, smentisce subito l'ascoltatore. La condotta dell'azienda è giuridicamente sostenibile, e lo star del credere non è pertinente.
Il concetto ci viene spiegato nel dettaglio dallo stesso Bianchi. Lo star del credere è una sorta di penale per l'insolvenza di un cliente: se questo non pagava, allora l'agente non solo non maturava provvigioni, ma era tenuto anche al versamento di una quota a risarcimento. A beneficio della categoria, questo istituto è stato abrogato a seguito della modifica del nostro Diritto, avvenuta nel 1991 per la ricezione della Direttiva Comunitaria del 1986. Quest'ultima è stata modellata sul diritto commerciale tedesco, per il quale la provvigione matura dal momento e nella misura in cui il cliente ha pagato o avrebbe dovuto pagare. Diventerebbe dunque illogica l’applicazione di una penale.
L'articolo 1748 del Codice Civile, inoltre, sancisce che, a fronte di un cliente non pagante per motivi imputabili a sé stesso, è la stessa provvigione a non maturare: tanto che, se viene corrisposta, deve poi essere restituita.
La domanda da porsi, quindi, è questa: per quale motivo il cliente non paga? Perché, se il ritardo o l’assenza del pagamento deriva da negligenza dell'azienda, che ha consegnato merce difettosa per esempio, l'agente potrebbe pretendere il premio a prescindere. Non sembra essere il caso del cliente di Giacomo, essendo in piano di rientro.
C'è poi un altro aspetto da considerare: se il fatturato di quel cliente non è stato determinante nel raggiungere la soglia di vendite prestabilite, potrebbe essere un abuso non versare il relativo premio.