Mandanti, attenzione alla responsabilità del committente se l'agente di commercio è disonesto.
Il contratto di agenzia si basa su un patto di lealtà e buona fede.
Cosa può fare la mandante quando questo patto viene infranto dall'agente?
Sandro, titolare di una società di leasing, ha scritto alla redazione di Radio Agenti perché ha scoperto la falsificazione delle firme su alcune fideiussioni perpetrata da un suo agente. Ci chiede dunque se abbia l’obbligo di denunciarlo e cosa rischia la sua azienda.
Rispondono gli avvocati Valerio Colapaoli, penalista, e Lorenzo Bianchi, esperto in Diritto di Agenzia.
Il riassunto della puntata:
Se l’agente di commercio appone firme false su fideiussioni o ordini dei clienti, la mandante cosa rischia?
Dal punto di vista penale, quello che si configura come un falso in scrittura privata è stato depenalizzato. Non c'è quindi alcun obbligo di denuncia in capo al titolare. Se fosse stato ancora un reato, a fronte del cliente-vittima, l'agente sarebbe l'imputato e l'azienda sarebbe responsabile civile, quindi una delle parti, insieme all'imputato, potenzialmente chiamata a risarcire i danni.
Tra l'altro, un caso recente, analogo per alcuni aspetti, giunto in Cassazione dopo l'abrogazione del reato, ha portato ad una sentenza che, paradossalmente, ha prosciolto l'imputato – non essendo più la sua colpa un reato – mantenendo comunque in piedi tutte le conseguenze civili. Quindi l'azienda, così come l'agente, è stata condannata al risarcimento.
La mandante in tal modo sembrerebbe punita due volte: l'agente, comportandosi in maniera disonesta, l'ha danneggiata finanziariamente per il mancato guadagno e le spese legali, e a livello di immagine. L'orientamento della Cassazione, chiosa Colapaoli, è mutato da circa 15 anni a questa parte: e se prima le giustificazioni di un'azienda che magari si diceva ignara delle macchinazioni condotte da un agente che eccezionalmente collaborava erano solitamente accolte in pieno, ora la mandante si considera responsabile dell'operato del suo collaboratore, a prescindere da tutto. Anche se il rapporto era occasionale, anche se i confini prestabiliti di compiti e doveri personali sono stati travalicati.
D'altronde, il cliente vittima del raggiro potrebbe aver dato fiducia a quell'individuo perché portavoce di un certo brand, perché aveva la sua carta intestata, i suoi cataloghi. Potrebbe aver avuto un vantaggio, nel raggirare la sua vittima, dalla collaborazione con quella determinata azienda. Sullo sfondo, l'articolo 2049 del Codice Civile, che stabilisce che “i padroni e i committenti sono responsabili per i danni arrecati dal fatto illecito dei loro domestici e commessi nell’esercizio delle incombenze a cui sono adibiti”.