Quante volte sarai stato assalito dal dubbio che la tua mandante non si stesse comportando correttamente nei tuoi confronti e che non ti stesse calcolando l'importo delle provvigioni correttamente?
Sapevi che per gli agenti di commercio esiste il cosiddetto "diritto di verifica" nei confronti dell'azienda e che la mandante non può opporsi a questo?
Ci spiegano tutto in diretta a Obbiettivo Agenti alle 13:05 gli avvocati Lorenzo Bianchi e Valerio Colapaoli.
Il riassunto della puntata:
L'articolo 1749 del Codice Civile, citato a braccio dal nostro mentore legale in studio, l'avvocato Lorenzo Bianchi, sancisce che “l'agente ha diritto di esigere che gli siano fornite tutte le informazioni necessarie per verificare l'importo delle provvigioni liquidate e in particolare un estratto dei libri contabili”. Questo diritto di verifica viene in soccorso di ogni agente il quale, assalito dal dubbio che la propria mandante non si stia comportando correttamente nei suoi confronti. Ma, per quanto statuito dalla legge, difficilmente si assiste a un agente che, in costanza di rapporto, si avvalga di questa facoltà. Già perché, è facile prevederlo, non rende i rapporti amichevoli e sereni.
L'agente dunque può richiedere il libro iva, le bolle di consegna e tutta la documentazione che possa permettere di controllare che l'estratto conto provvigionale consegnato dall'azienda sia irreprensibile e che registri ogni affare e ogni relativo importo. Anche quello degli affari indiretti, che è sicuramente quello su cui un agente che non si senta in armonia con la propria preponente, può avere i dubbi maggiori.
A questo punto, l'avvocato ci suggerisce di non limitarci a leggere superficialmente la normativa e di andare a scorrere anche la direttiva CEE del 1986, che ha modificato la disciplina agenziale in tutta Europa. Qui, la norma dice che l'agente ha diritto di verifica delle provvigioni dovute. Non liquidate. Non è una differenza sottile, che purtroppo il nostro Codice Civile, pure modificato nel 1991 ad accogliere le disposizioni della direttiva, non ha registrato. Ovviamente, la legge europea deve prevalere anche in Italia, avendo efficacia imperativa anche nel nostro Paese.
Tanto più che, lo stesso Codice Civile lo ricorda al secondo comma dell'articolo 1748, l'agente ha diritto alle provvigioni indirette sugli affari conclusi dalla mandante nel proprio territorio, e quindi, anche quei pagamenti sarebbero dovuti. Se si sospetta la violazione dell'esclusiva da parte di un collaboratore dell'azienda, o di un altro collega, o della direzione stessa, esercitando questo diritto la si può riscontrare. L'argomento è complesso e un agente in una situazione analoga dovrebbe richiedere una consulenza legale personalizzata.
Capita assai frequentemente che, a seguito di un cambiamento nella proprietà o nel management aziendali, pure con un rapporto molto lungo alle spalle, un agente cominci a vedere un cambio di atteggiamento nei propri confronti. Come se l'azienda, all'improvviso, volesse danneggiarlo e non aiutarlo a realizzare i suoi affari. Come se l'azienda, vedendo approssimarsi il momento in cui dovrà versare indennità calcolate su un periodo molto lungo, preferisse che l'agente si mettesse alla porta da solo. E qui, esercitare il diritto di verifica non sarebbe affatto inutile.
Tuttavia, occorre sottolineare che tale facoltà si può esercitare solo in relazione alle provvigioni proprie, e non alle condizioni che, magari, si presume stabilite per altri colleghi. Inoltre, questo diritto sostanziale è diverso da quello processuale: quando si va in giudizio, il riconoscimento di un diritto sostanziale si ottiene tramite un percorso processuale fatto di prove. Quindi, l'agente può reclamare la contabilità per la verifica, in via sostanziale, delle provvigioni proprie, ma il diritto a provare altre circostanze è questione diversa, che appartiene al codice di procedura civile. Quindi, se l'agente vuole fare un controllo sul listino di un collega, lo può fare chiedendo al giudice di ordinare all'azienda di produrre quei documenti. “Attenzione, però”, ammonisce l'avvocato Bianchi, “la richiesta si avanza se ci sono principi di prova seri, non sensazioni o voci di corridoio”.
Con una richiesta in questo senso, l'agente farebbe valere il suo diritto di un rapporto improntato a lealtà, buona fede e trasparenza, ovvero i principi cardine di ogni rapporto di agenzia, la cui violazione incide inevitabilmente, benché indirettamente, sul volume delle provvigioni, in quanto non consente di competere nella zona affidata.
Il consiglio è, comunque, di non avviare un contenzioso legale solo su questo argomento, visto quanto sarebbe difficilmente provabile, ma di farne menzione in un contesto dibattimentale più ampio, che verta anche su altri aspetti.