Il patto di non concorrenza post contrattuale genera non pochi grattacapi agli agenti di commercio. Specie quando non si ha chiaro cosa può condurre alla sua violazione.
È quello che capita a Roberto, agente di commercio e ascoltatore di RadioAgenti, che chiede se la vendita di energia prodotta da fonti rinnovabili possa andare in concorrenza con quella di energia derivante da carbonfossili.
Dopo la sua precedente esperienza lavorativa, chiusa o in procinto di terminare, allettanti condizioni economiche, lo stanno conducendo verso un'azienda che commercializza quest'altro tipo di energia. Il suo cruccio sta in quella clausola firmata nel primo mandato, quella che gli impone, per un certo periodo di tempo dalla sua fine, di non commercializzare prodotti in concorrenza nella stessa zona e con la stessa clientela.
Come determinare se i due tipi di energia (e più in generale, se due prodotti) siano in concorrenza o meno ce lo spiegheranno in trasmissione alle 13:05 gli avvocati Lorenzo Bianchi e Valerio Colapaoli.
Il riassunto della puntata:
Accade spesso nello studio, che gli avvocati si richiamino al principio della ragionevolezza.
Stabilire il modo in cui l'energia viene prodotta, se questa derivi dal petrolio o dal vento, determina una differenza sostanziale? Innanzitutto, sarà utile ricordare quali sono gli elementi che distinguono un prodotto dall'altro, che sono la foggia, il valore e la destinazione d'uso. Già da questa enunciazione, si profila la possibile concorrenzialità.
Un cliente potrebbe facilmente passare da una fornitura all'altra; non conosciamo il valore, non sappiamo se ciò determinerebbe una fattura molto più salata, e quindi la creazione di un target molto diverso. Ma, in base agli elementi (pochi) in possesso degli avvocati, emerge, prepotentemente, il rischio di incappare nella violazione.
Questa clausola che, ipotizziamo, Roberto ha firmato, entra in vigore alla fine del mandato. Perché sia formalmente corretta, deve essere redatta e ratificata al sorgere del mandato, pur entrando in vigore alla sua fine. Tuttavia, se le parti, concordi, lo firmassero in costanza di rapporto, o anche alla sua fine, avrebbe ugualmente valore – si ricorda però che l'agente non sarebbe obbligato a firmare. E, pure se entra in vigore alla fine del contratto, è un contratto a sua volta, che impone degli obblighi, ad ambo le parti.
La mandante ha l'obbligo di versare una relativa indennità: se chiede all'agente di non lavorare con lo stesso prodotto che ha venduto finora, nella stessa zona e con gli stessi clienti, quindi ripartendo da zero, con le difficoltà facilmente immaginabili, allora deve fornirgli uno strumento di sussistenza, che è appunto il corrispettivo economico dell'indennità. Da parte sua, l'agente deve rispettare quanto si è impegnato a fare, pena la restituzione della relativa indennità ricevuta. E il versamento dell'eventuale danno subito da parte della ex mandante, che si è vista privare di una parte della clientela, spostata verso una nuova azienda. Conseguenze davvero non piacevoli.
Non è raro trovare una clausola di questo tipo che preveda già, predeterminata, una penale per l'agente che la violi. Tale penale, che non dovrebbe eccedere la ragionevolezza e quindi non essere spropositata, preclude alla mandante di poter chiedere ulteriori danni. Se, tuttavia, di fianco alla penale, fosse prevista la possibilità di chiedere altre spettanze, come il risarcimento del danno subito, questo dovrebbe essere quantificato e dimostrato di fronte a un giudice.
E se a infrangere il patto fosse l'azienda, non pagando l'indennità? A quel punto, sarebbe l'agente a poter intimare un termine perentorio in cui questa dovrebbe provvedere, pena la risoluzione di quello che è un vero e proprio contratto. Una volta risolto per l'inadempienza dell'altra parte, l'agente si potrebbe considerare sciolto da tutti gli obblighi.
Tornando a Roberto, non sappiamo se il suo mandato con la prima azienda è già concluso; se così fosse, e l'agente si trovasse nel periodo in cui si è impegnato a non concorrere sullo stesso mercato, potrebbe, per i principi di lealtà e buona fede che sono incardinati nel mondo agenziale, scrivere alla sua ex mandante, comunicando la sua intenzione di assumere un mandato con la nuova azienda, e, in maniera trasparente, chiedere se questo possa qualificarsi come una violazione degli accordi. Con un nulla osta della precedente azienda, non ci sarebbero ostacoli. Se invece questa non fosse d'accordo, dovrebbe motivare puntualmente il diniego, ma, in ogni caso, renderebbe davvero molto rischioso assumere il nuovo incarico.