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Credito assicurato e provvigione non riconosciuta: la mandante le inventa tutte pur di non pagarmi!

Credito assicurato e provvigione non riconosciuta: la mandante le inventa tutte pur di non pagarmi!
Obbiettivo Agenti | 20/01/2020 | 12:52 | aggiornato 20/01/2020 | 14:52

A fronte di un ordine insoluto, l'azienda mandante ha ricevuto un indennizzo da parte della sua compagnia di assicurazioni, che aveva appunto assicurato quel credito.

Parallelamente la mandante rifiuta di versare le provvigioni reclamate dall'agente.

Chi avrà ragione: l'azienda mandante o l'agente di commercio?
Rispondono in diretta alle 13:05 a Obbiettivo Agenti i consulenti legali della trasmissione, gli avvocati Lorenzo Bianchi e Valerio Colapaoli.


Il riassunto della puntata:

Una puntata sui generis quella di Obbiettivo Agenti incentrata sulla domanda di Giancarlo: a fronte di un ordine insoluto, l'azienda ha ricevuto un indennizzo da parte della sua compagnia di assicurazioni, rifiutando parallelamente di versare le provvigioni reclamate dall'agente. E qui, i consulenti legali della trasmissione, Lorenzo Bianchi e Valerio Colapaoli, assumono virtualmente le vesti degli avvocati, rispettivamente, di Giancarlo e della mandante, trasformando lo studio in una piccola aula di tribunale.

Bianchi attacca la controparte: l'assicurazione ha versato del denaro alla mandante per la fornitura di merce, e allora perché ciò non dovrebbe comportare il versamento delle provvigioni all'agente? L'affare è stato realizzato grazie al suo intervento. E, tra l'altro, anche in presenza di un affare diretto, all'agente spetterebbero le provvigioni in virtù dell'articolo 1748.

Nemmeno a dirlo, di avviso diametralmente opposto e votato alla difesa degli interessi dell'azienda nel nostro dibattimento processuale immaginario, Colapaoli che ribatte: l'azienda non intende pagare perché la provvigione nel diritto di agenzia è legata all'adempimento del contratto e quindi alla realizzazione dell'ordine e del pagamento del cliente. Il contratto non è stato dunque adempiuto, visto che il cliente non ha pagato. E se ha ottenuto un qualche ristoro rispetto a quello che è un danno, provocato dall'agente, questo proviene dalla compagnia assicurativa con la quale la mandante ha un contratto, slegato dal mandato di agenzia, il cui premio viene versato sempre dall'azienda, a sue spese. Senza contare che – e qui Giancarlo non ci fornisce dati precisi – solitamente l'indennizzo versato non copre l'intero ammontare dell'ordine, ma una quota di esso.

Riprendendo il già citato articolo 1748, l'agente non ha diritto alle provvigioni se l'affare non va a buon fine per motivi non imputabili alla preponente.

Qui si aggancia l’avvocato Bianchi: conosciamo il motivo del mancato pagamento da parte del cliente? Perché l'azienda possa strutturare la propria tesi sulla base della propria incolpevolezza, dovrebbe fornirne delle prove rigorose. Quindi, che l'azienda non abbia consegnato merce viziata, o diversa da quella ordinata, o in ritardo rispetto ai tempi prestabiliti. In ogni caso, anche in assenza di quella prova, Bianchi argomenta che Giancarlo, il nostro ascoltatore, dovrebbe ricevere un compenso. Infatti, l'azienda ha ricevuto del denaro dall'assicurazione per effetto del suo lavoro: a fronte di questo, Giancarlo merita le provvigioni, calcolate sulla base imponibile di quanto ricevuto come indennizzo, ovviamente sottraendo le spese assicurative.

E di fronte al tentativo di ribaltare la richiesta della prova da parte di Colapaoli, per il quale spetta all'agente che sta rivendicando un diritto, a suo dire negato, la ricerca della prova legata all'eventuale responsabilità della mandante, Bianchi insiste. La giurisprudenza ha chiarito che l'onere della prova spetta proprio alla mandante. Ed evidenzia anche un aspetto pratico al riguardo: come potrebbe l'agente dimostrare circostanze di un contratto di cui non fa parte? Il contratto è infatti stipulato tra la mandante e il cliente. Tutta la corrispondenza tra le parti, in cui probabilmente emergono contestazioni dall'una e dall'altra parte, gli è preclusa. La mandante, a prescindere, ha l'onere, e la possibilità concreta, di dimostrare che all'origine dell'insoluto non ci sia stata una propria negligenza. Ovviamente, se invece il tutto fosse stato causato dalla poca onestà del cliente, non sarebbe colpa dell'agente, non sarebbe colpa dell'azienda, ma a quel punto, ovviamente, le provvigioni non sarebbero dovute.

L’avvocato Colapaoli, finto legale dell’azienda, si concentra sul presunto vantaggio ottenuto con il risarcimento dell'assicurazione; questo non può costituire un vantaggio, in quanto il credito insoluto è un danno. Il vantaggio, se così si può definire, lo porta un contratto autonomo, derivante da un investimento economico sostenuto dalla stessa azienda. L'agente ha danneggiato il suo assistito, questo ha ricevuto un indennizzo, e dovrebbe anche darne una quota a chi ha provocato il danno? Il suo avversario confuta la sua tesi: se sussiste un danno, una perdita economica, allora la mandante dovrebbe dimostrarlo. Ma non potrà farlo, perché è intervenuta l'assicurazione. Con la quale ha un contratto che non può definirsi slegato rispetto al mandato di agenzia, al quale è piuttosto “subcollegato”, perché impostato proprio a tutela dei rischi di impresa e di vendita, realizzata sugli ordinativi raccolti dall'agente.

Nella realtà di tutti i giorni nel mondo dell'agenzia non è raro trovare casi di aziende in cui, di fronte al rifiuto dell'assicurazione di coprire un certo ordine per garanzie insufficienti, chiedano all'agente di esporsi, fornendo una garanzia. E se alcune ripropongono il vecchio star del credere, quelle più serie si rifanno al Codice Civile, rischiando insieme all'agente. Quindi, di fronte ad un esito positivo dell'affare, all'agente sarà corrisposta la provvigione, con un ulteriore premio, ma se l'affare naufraga, allora l'agente dovrà versare la provvigione che avrebbe riscosso in un caso normale. I consulenti legali, in ciò dello stesso avviso, ricordano come sia illegale la pretesa di tutto l'importo dell'ordinativo all'agente: l'articolo 1746 sancisce la nullità di un patto che ponga a carico dell'agente la responsabilità per la mancata realizzazione dell'affare. La garanzia a suo carico può essere stabilita in casi di eccezionale natura e importo, quindi per esempio in caso di novità del cliente, o un importo che superi notevolmente la media degli affari.

Non si arriva a una sentenza, ovviamente: non c'è un giudice, e dai nostri microfoni si rammenta spesso che, sulla base dei racconti esposti dagli ascoltatori, si cerca di fornire delle interpretazioni, senza la pretesa di una verità assoluta. Ma anche, e soprattutto, perché la vicenda di Giancarlo e della sua mandante si può prestare a svariate letture, l'una e l'altra parte possono far valere delle ragioni più che valide.

Il dialogo resta la strada maestra da percorrere nelle controversie agenziali, specie se il mandato di agenzia è ancora in essere: una serena discussione può consentire di trovare un punto di incontro, che non diventa fondamentale se invece il mandato si è chiuso. A quel punto, dopo le “serene chiacchiere” (così le definisce Bianchi), rimane il tribunale. Quello vero però.


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