Il terrore più grande, come accaduto ad altri loro colleghi agenti di commercio, è quello di aprire la formula societaria sbagliata ed essere costretti a tornare indietro a causa di una tassazione che non riuscirebbero a sostenere.
La domanda oggi è per il dott. Massimiliano Bellucci, consulente fiscale esperto in materia di agenti di commercio: è una buona scelta quella di organizzarsi in società? E quale tipo di società è più conveniente a livello fiscale?
Appuntamento alle 13:05 a Obbiettivo Agenti!
Il riassunto della puntata:
Massimiliano è un agente di commercio che lavora in forma individuale, tentato, insieme ad altri colleghi, di aprire una S.r.l., grazie al carico fiscale apparentemente ridotto. Uno dei futuri, possibili, soci si dice però perplesso di fronte alla possibilità di perdere i contributi Enasarco e l'agente sottopone la questione a Radio Agenti.
È naturale, soprattutto in un'epoca incerta quale quella attuale, guardarsi intorno alla ricerca di possibili risparmi, ma andare a rivolgere la propria attenzione verso una S.r.l. per evitare il versamento del 17% relativo ai contributi Enasarco non è avvalorato né da un vero risparmio, né da grandi vantaggi, in termini immediati e futuri.
Doverosa premessa: ogni situazione ha la sua specifica fisionomia dal punto di vista legale e tributario, e ognuna è diversa dall'altra, e dunque le considerazioni espresse in studio, generali e astratte, andranno poi calate nella realtà di ciascuno.
Ma, andando al caso specifico dell'ascoltatore, il dubbio del suo collega è più che fondato. Le società, di qualunque tipo esse siano, non vanno in pensione, e andare a trasferire tutti i propri mandati ad un soggetto giuridico che non versa i contributi e che, appunto, non aderisce ad un regime previdenziale, significa perdere tutti i contributi versati precedentemente come ditta individuale.
Tra l'altro, quella che ad oggi può essere considerata una fastidiosa seccatura e una mortificazione dei propri guadagni, ovvero la ritenuta Enasarco, in futuro si tramuterà in una seconda pensione, affiancata a quella INPS, che renderà la vecchiaia più comoda. Senza contare che poi questi importi trattenuti sono deducibili in sede di dichiarazione dei redditi. Ed è per questi motivi che in trasmissione viene proposta una seconda opzione: se di S.r.l. si deve trattare, Massimiliano e i suoi colleghi potrebbero non abbandonare le proprie imprese individuali, inserendole in un asset in cui la S.r.l. sarebbe comunque il cardine. Sarà quindi la S.r.l. ad acquisire i nuovi mandati, che poi verranno distribuiti e assegnati ai soci, o meglio alle ditte individuali dei soci.
La ditta individuale resta comunque la veste naturale per un agente di commercio, vista l'indubbia flessibilità che questa gli consente, in termini di gestione dei mandati e dei vari adempimenti burocratici e tributari. La S.r.l. si presenta decisamente più “ingessata”, laddove, per esempio, ogni costo deve essere giustificato da una pezza di appoggio.
Un altro aspetto da considerare, e che probabilmente va anche a sfatare la percezione della maggior convenienza della S.r.l., è che questa rappresenta un soggetto fiscalmente costoso: innanzitutto, la contabilità ordinaria, indispensabile in questo caso, ha un costo doppio rispetto a quella semplificata, e inoltre tutti gli utili prodotti sono distribuiti secondo una articolata deliberazione che va registrata in Camera di Commercio, con ulteriori costi. Utili che poi saranno tassati al 26%.
Parlando sempre di quanto potrebbe costare una S.r.l., è facile immaginare che in una tale società, in cui i soci siano agenti di commercio, questi non solo siano compartecipi delle quote, ma anche del lavoro. E, non essendo soci di capitale, ognuno di loro dovrà pagare la gestione INPS commercianti, non solo sugli utili distribuiti, ma anche su quelli non distribuiti, che rimangono nella cassa della società – eventualità peraltro molto remota per gli agenti, che vivono di provvigioni e difficilmente riescono a capitalizzare.
Tornando al discorso previdenziale, ribadiamo che le società, e quindi i soci, non vanno in pensione. Quando arriva l'età in cui è legittimo voler riposare e astenersi dal lavoro, un agente in forma di ditta individuale comunica la sua intenzione di andare in pensione, con il congruo preavviso necessario, alla sua mandante, e questa disdetta salvaguarda tutte le indennità fino ad allora maturate. Se invece è il socio di una società a voler terminare il suo rapporto di lavoro, dovrà comunicare sì la disdetta, ma questa gli farà perdere tutte le sue indennità supplementari, che sono state comunque maturate, nella stessa identica maniera, dalle società.
Quando appare evidente la convenienza di strutturarsi in una S.r.l. e di passare ad essa i propri mandati acquisiti da persona fisica, allora sarà sicuramente opportuno mettere per iscritto con la propria mandante la conservazione e la trasmissione delle indennità al nuovo soggetto. Su questo la mandante non potrà certo dirsi contraria. Ma questo, purtroppo, salverà questi importi solo virtualmente: finché non sarà la mandante a chiudere il rapporto, questi non verranno versati, e svaniranno nel nulla laddove l'agente decidesse di ritirarsi in pensione.
Sembrerebbe più accessibile il regime di società di persone, come una S.n.c., in cui gli utili, soggetti innanzitutto a IRAP, vengono poi tassati per trasparenza in capo ai vari soci, i quali andranno a pagare l'IRPEF con la propria dichiarazione dei redditi. Ma, a differenza della S.r.l., in cui il rischio è limitato al capitale sociale, in una società di