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Concorrenza sleale: quando a fartela è la tua stessa mandante

Concorrenza sleale: quando a fartela è la tua stessa mandante
Obbiettivo Agenti | 14/04/2021 | 12:21

Arriva un concorrente nella tua zona di competenza. Quel concorrente è la tua stessa mandante, che ha deciso di aprire un cash&carry in cui vende i tuoi stessi prodotti a prezzi decisamente più bassi. Risultato: clienti in fuga e provvigioni ridotte al lumicino.

 

Il danno economico subito è risarcibile?

 

Alle 13:05 ascolta la puntata in onda sull’app di #RadioAgenti.

Ospiti in studio: gli avvocati Lorenzo Bianchi e Valerio Colapaoli, esperti in Diritto di Agenzia.


Il riassunto della puntata:

Cosimo ha un nuovo concorrente nella sua zona di competenza, corredata di clienti storici, fonti di fatturato non trascurabile. Trattasi di cash&carry della sua azienda, che offre i suoi stessi prodotti a prezzi inferiori del 15% rispetto a quelli del suo listino. La percezione dell'ascoltatore è proprio quella di una azienda quasi invidiosa degli ottimi risultati prima raggiunti, e della sua volontà di esautorarlo ed escluderlo. Risultato: clienti in fuga e provvigioni ridotte al lumicino. Il danno economico che ha subito è risarcibile?

 

Obbiettivo Agenti e i suoi consulenti legali, gli avvocati Lorenzo Bianchi e Valerio Colapaoli, affrontano spesso il tema della concorrenza, sleale o meno che sia. Qui si qualifica in maniera decisamente sleale. Gli articoli 1746 e 1749 del Codice Civile parlano dei principi cardine intorno a cui deve ruotare ogni contratto di agenzia, ovvero quelli di lealtà, buona fede, trasparenza, obblighi in capo ad ambo le parti.

 

La mandante di Cosimo ha aperto un punto vendita nella zona dell'agente con prezzi molto inferiori rispetto al listino a lui attribuito. Le sue scelte, che, ovviamente, deve essere libera di assumere in quanto libera di determinare i propri indirizzi commerciali, non devono mai violare questi principi alla base. Ogni azienda può decidere in autonomia cosa fare, se liberarsi della propria rete vendita, se aprire punti vendita, ma non deve farlo slealmente.

 

Tra l'altro, l'articolo 1749 dice anche altro, e sancisce che l'azienda è tenuta ad avvisare l'agente qualora sia in grado di prevedere un sostanzioso calo del volume degli affari nella zona. In questo caso, era ben conscia che la sua decisione avrebbe significato un'erosione degli affari dell'agente – tanto più che in maniera puntuale ha offerto prezzi inferiori, a cui il listino del venditore non avrebbe potuto tener testa. Perché Cosimo non è stato informato di questo? L'inadempimento è grave, e potrebbe determinare una chiusura per giusta causa del mandato, con il mantenimento di tutti i diritti indennitari.

 

Tuttavia, il dubbio degli avvocati, non fugato dal racconto dell'agente, riguarda il fattore tempo. Non sappiamo infatti da quanto tempo questa situazione sussista. Cosimo parla di un fatturato ormai quasi pari a zero, ma verosimilmente questo non è accaduto all'improvviso. Sarebbe interessante scoprire quando il punto vendita è stato aperto, e se Cosimo abbia chiesto spiegazioni, delucidazioni rispetto al comportamento dell'azienda, lesivo dei suoi diritti. I legali sperano che non abbia taciuto, continuando come se nulla fosse accaduto, accettando, col suo silenzio, il cambiamento.

 

L'osservazione degli avvocati non è certo secondaria: una risoluzione del contratto per giusta causa può nascere di fronte ad un inadempimento grave che impedisca il sereno proseguimento del rapporto. Se pure inadempimento c'è stato, ma sussiste da un lungo periodo senza che Cosimo si sia opposto o abbia chiesto spiegazioni, diventerebbe difficile dimostrare la sussistenza della giusta causa. Comunque, il fattore tempo deve essere individuato, e non necessariamente dovrà coincidere con l'apertura del punto vendita. Questo infatti potrebbe aver iniziato l'attività con prezzi anche superiori – non è certo raro trovare dei punti vendita aziendali di fianco agli agenti, cui magari sono affidati i clienti più importanti, mentre vengono serviti dall'altro canale quelli meno prestigiosi. E poi gradualmente scendere sotto la soglia di guardia, il listino di Cosimo. Se fosse davvero andata così, l'agente dovrebbe individuare quel momento e a quello far risalire il danno subito. Se questo momento fosse vicino temporalmente ad oggi, allora si potrebbe impostare l'ipotesi della giusta causa, e dell'abbandono di un'azienda evidentemente non troppo interessata al benessere dei suoi venditori.

 

Anche la vastità della zona è un aspetto da tenere presente. I legali ampliano il discorso il più possibile per permettere agli ascoltatori che si trovino in situazioni simili, ma non identiche, di avere i giusti consigli. Se la zona fosse, per esempio, il territorio di Roma, l'apertura di un punto vendita in città con prezzi così competitivi significherebbe la fine delle possibilità di provvigione degli agenti della zona. Se, invece, la zona fosse il centro Italia, allora un solo punto vendita a Roma non potrebbe avere quell'impatto così rilevante da generare una giusta causa per la chiusura del mandato: infatti, difficilmente il cliente di Pescara potrebbe trovare proficuo il viaggio per ottenere un vantaggio azzerato dal disagio della lontananza.

Tornando a Cosimo, potrebbe, teoricamente, richiedere il risarcimento del danno, ma ciò significherebbe la chiusura del rapporto – le valutazioni dell'agente dovranno mirare, alla luce delle parole degli avvocati, a chiarire se si possa chiudere il mandato immediatamente, con i gravi inadempimenti dell'azienda come giusta causa. E quindi se questa giusta causa sia, o meno, contestuale alla chiusura.

 

Allargando ancora di più il discorso, e immaginando una possibile chiusura immediata, Davide Ricci ipotizza una clausola, in quel mandato chiuso, che preveda un patto di non concorrenza post contrattuale di un anno. Questo patto prevede, però, un'indennità, che dovrà permettere all'agente e alla sua famiglia la sussistenza, e gli Accordi Economici Collettivi stabiliscono che questa debba essere calcolata sulla base delle provvigioni maturate nell'ultimo anno.

 

Innanzitutto, nella situazione di un agente con provvigioni quasi azzerate, è facile vedere l'assenza di vantaggi per l'azienda nel pagare affinché quell'agente stia fermo in un mercato in cui lo è già, di fatto, perché non ha guadagnato quasi nulla. Inoltre, non se la potrà certo cavare con un indennizzo irrisorio giustificandolo con il basso volume delle provvigioni, perché questo non permetterebbe il sostentamento dell'agente. Anche discorsi basati sulla discutibile pratica di pagare questa indennità in costanza di rapporto non rimangono in piedi, in quanto, per definizione, deve essere pagata dopo, post, la sua fine.


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