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Accettare e ricevere il pagamento delle indennità e poi rendersi conto che i calcoli sono errati. Posso richiedere ancora le somme mancanti?

Accettare e ricevere il pagamento delle indennità e poi rendersi conto che i calcoli sono errati. Posso richiedere ancora le somme mancanti?
Obbiettivo Agenti | 29/01/2020 | 10:37

Giuseppe, ascoltatore di Radio Agenti e protagonista - con la sua domanda - della puntata di oggi, ha subito la disdetta dalla sua mandante lo scorso ottobre; ha ricevuto dall'azienda le indennità e da Enasarco il FIRR. Non tutto il fondo, però, gli è stato versato. E ora, chiede alla trasmissione e ai legali Lorenzo Bianchi e Valerio Colapaoli, se sia ancora in tempo per chiedere quello che gli spetta.

Il FIRR, ovvero il Fondo Indennità Risoluzione Rapporto, è un fondo di accantonamento costituito da somme che vengono, annualmente, versate dalle aziende mandanti e destinate ai propri agenti; la scadenza per il versamento relativo ad un anno è posta al 31 marzo dell'anno successivo a quello di riferimento. Nel momento in cui un mandato viene chiuso, è l'ente previdenziale ad inviare all'agente quanto accantonato; probabilmente quello che è accaduto a Giuseppe è che, avendo ricevuto la disdetta nel mese di ottobre, l'azienda non ha ancora materialmente effettuato il versamento. Quello che avrebbe dovuto fare sarebbe stato, a questo punto, versare direttamente a Giuseppe, senza l'intermediazione dell'ente, il FIRR relativo al periodo compreso tra gennaio e ottobre dell'ultimo anno di rapporto.

Quindi, a una lettura iniziale, potrebbe trattarsi di una semplice svista. Tanto più che, se l'agente e l'azienda sono stati legati da un rapporto lungo, le indennità riconosciute sono di gran lunga superiori rispetto alla quota mancante di FIRR. E su quelle cifre molto superiori non ci sono contestazioni, l'azienda si è ben comportata. Dunque, quella rappresentata potrebbe essere una circostanza facilmente superabile.

Giuseppe teme di aver accettato quel denaro e quindi di non poter contestare un errore. E qui, il discorso e le ipotesi dei legali si appuntano su come sia avvenuto non tanto il versamento, quanto la ricezione di quei corrispettivi.


A rispondere saranno come di consueto gli avvocati Lorenzo Bianchi e Valerio Colapaoli.


Il riassunto della puntata:

Accade spesso di ascoltare storie, nello studio di Obbiettivo Agenti, di ascoltatori che subiscono delle vere ingiustizie, con somme dovute mai corrisposte per atteggiamenti al limite del fraudolento assunti da talune mandanti. Quella di Giuseppe, però, sembra una storia leggermente diversa. Infatti, dopo aver subito la disdetta da parte della sua ormai ex mandante, l'agente si è reso conto che qualcosa mancava. In particolare, ha ricevuto tutte le indennità ed Enasarco gli ha versato anche il FIRR: non tutto, però. E ora, chiede alla trasmissione e ai legali Lorenzo Bianchi e Valerio Colapaoli, se sia ancora in tempo per chiedere quello che gli spetta.

Il FIRR, ovvero il Fondo Indennità Risoluzione Rapporto, è un fondo di accantonamento costituito da somme che vengono, annualmente, versate dalle aziende mandanti e destinate ai propri agenti; la scadenza per il versamento relativo ad un anno è posta al 31 marzo dell'anno successivo a quello di riferimento. Nel momento in cui un mandato viene chiuso, è l'ente previdenziale ad inviare all'agente quanto accantonato; probabilmente quello che è accaduto a Giuseppe è che, avendo ricevuto la disdetta nel mese di ottobre, l'azienda non ha ancora materialmente effettuato il versamento. Quello che avrebbe dovuto fare sarebbe stato, a questo punto, versare direttamente a Giuseppe, senza l'intermediazione dell'ente, il FIRR relativo al periodo compreso tra gennaio e ottobre dell'ultimo anno di rapporto.

Quindi, a una lettura iniziale, potrebbe trattarsi di una semplice svista. Tanto più che, se l'agente e l'azienda sono stati legati da un rapporto lungo, le indennità riconosciute sono di gran lunga superiori rispetto alla quota mancante di FIRR. E su quelle cifre molto superiori non ci sono contestazioni, l'azienda si è ben comportata. Dunque, quella rappresentata potrebbe essere una circostanza facilmente superabile.

I legali aprono il discorso per, infine, circoscrivere la vicenda di Giuseppe. In materia agenziale, tutto è derogabile; per chiudere un rapporto di agenzia non è necessario sottoscrivere il verbale di conciliazione davanti ai sindacati o a un giudice del lavoro, ed è circostanza gradita alle aziende, in quanto un pezzo di carta firmato davanti a conciliatori “ufficiali” non sarebbe più impugnabile ai sensi di legge. In riferimento alle provvigioni, queste costituiscono un accertamento contabile che le parti effettuano alla fine del rapporto: a fronte di un certo numero di affari procurati, spetta all'agente un tale corrispettivo di provvigioni. Al riguardo, invece, delle indennità, esiste un articolo della direttiva CEE del 1986, il 19, che stabilisce che il diritto indennitario dell'agente è inderogabile solo in costanza di rapporto a sfavore dell'agente. Ciò significa che, se durante il rapporto questo diritto è intoccabile e non modificabile, dopo la conclusione del rapporto, questa prospettiva si rovescia, e il diritto è derogabile. Quindi, se le parti, in questa fase, si accordano su una cifra rispetto alle indennità, superiore o inferiore rispetto alla norma, questa non è rinegoziabile, non è impugnabile.

Questa premessa è utile per analizzare le possibili situazioni in cui Giuseppe si può essere venuto a trovare. Innanzitutto, occorrerebbe sapere come Giuseppe ha ricevuto il denaro versato. L'azienda, verosimilmente, ha stilato un prospetto delle cifre e delle relative causali. Se gli importi sbagliati sono stati ratificati e accettati da Giuseppe con una risposta scritta sostenendo di non avere, in futuro, più nulla a pretendere, sarebbe questa un'accettazione tombale, una definizione completa del rapporto. Al contrario, se Giuseppe si fosse avveduto in tempo dell'omissione, e avesse redatto la ricevuta in forma di acconto, in attesa di ricevere altri versamenti, ciò sarebbe la necessaria premessa per ogni altra azione futura utile a colmare l'ammanco. A prescindere, se la sensazione in studio fosse rispondente a quanto accaduto, ovvero che ci si trovi di fronte ad un mero errore, e non a un tentativo truffaldino da parte della mandante, anche una definizione tombale potrebbe essere superata con l'accordo tra le parti, e un'azienda seria potrebbe ancora corrispondere la quota mancante se il suo ex agente glielo facesse presente.

E, seguendo questa ipotesi, probabilmente nell'elenco di voci che analiticamente sono state enumerate a formare l'importo versato, il FIRR non è stato nominato. E, se non fosse stato nominato nell'informativa dell'azienda, e quindi non fosse stato citato nemmeno nell'accettazione del denaro da parte di Giuseppe, non sarebbe preclusa un'azione successiva volta al recupero.

Il discorso dei legali ci porta anche a discutere del tempo del pagamento delle indennità. Una volta che l'azienda ha disdettato il suo agente, quanto tempo ha per pagare e fare i conteggi? La legge non detta un tempo preciso: un margine di tempo tecnico dovrebbe, ovviamente, essere concesso, specie per definire gli ultimi affari ancora in sospeso. La contrattazione collettiva, a questo proposito, è invece esplicita: sostiene che ciò vada fatto entro trenta giorni dalla risoluzione del rapporto.


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