Il riassunto della puntata:
Difficile ottenere un mandato. Ma è forse ancora più complicato mantenerlo in vita, in buona armonia tra le parti e con reciproca soddisfazione. Capita, alle volte, di incappare in rapporti non più felici, come un matrimonio, o una storia d'amore, che si trascini per inerzia, in cui i coniugi temono un penoso divorzio.
Il rapporto di agenzia è come un matrimonio, e le indennità come un divorzio
Proprio come un matrimonio, il rapporto di agenzia si basa, o dovrebbe basarsi, su lealtà, buona fede, trasparenza. L'agente e la sua mandante hanno degli obblighi contrattuali, il cui mancato rispetto può determinare la chiusura del mandato.
Questo è il punto cruciale: se non vanno più d'accordo, perché questi due (quasi ex) coniugi non si separano? Ebbene, c'è una parola che sembra spaventare molte aziende quando sono in procinto di chiudere con un loro agente: le indennità. Un po' come il mantenimento che terrorizza chi, tra moglie e marito, è destinato a versare un generoso vitalizio alla sua non più dolce metà.
E, quindi, quando un agente non si rende più utile o gradito, lo si accompagna virtualmente alla porta, rendendo la sua permanenza difficoltosa. Non fornendo i listini prezzi, i campionari, le informazioni sulla zona e così via. Nell'attesa, semplicemente, che la porta l'agente se la apra da solo.
Infatti, il diritto indennitario sorge nel momento in cui il mandato si chiude per iniziativa della mandante. Una decisione in tal senso presa di propria volontà da parte dell'agente lo priverebbe della sua aspettativa indennitaria.
Alle volte la chiusura è inevitabile
Tutto qui? L'azienda smette di fare il suo dovere verso l'agente, lo mette nelle condizioni di chiudere per sua iniziativa, e si tiene in tasca le indennità? No, non è così semplice, pur con una potenzialmente enorme varietà di circostanze e situazioni, a seconda del mercato di riferimento e delle sue consuetudini.
La prima valutazione che l'agente, che si senta messo alle strette, deve formulare è questa: quanto sono gravi le inadempienze di cui sta subendo le conseguenze? Non ricevere il campionario nel settore abbigliamento quando viene lanciata la nuova collezione per la stagione ventura è decisamente più grave che nel settore, per esempio, dei carrelli elevatori e delle macchine industriali, difficilmente sottoposti a cambiamenti stagionali, e vendibili anche con il materiale promozionale dell'anno prima.
Se la mancanza dell'azienda, ben inquadrata in questi parametri, può a ben titolo dirsi grave, l'agente può sganciarsi da questo malsano rapporto, invocando la chiusura per giusta causa. Soluzione che permetterebbe la salvezza delle indennità.
Alcune considerazioni sulle indennità
Le indennità, cari agenti, devono essere richieste. E non con una chiacchierata informale, ma con una missiva scritta, come una mail, ancor meglio se certificata. Scegliendo peraltro l'interlocutore giusto: sarà da evitare il segretario o un semplice capoarea, e la scelta dovrà ricadere su una figura apicale, in grado di impegnare l'azienda, come un direttore commerciale, o delle Risorse Umane. Infatti, quello che viene considerato spesso, con una bonarietà ai limiti dell'ingenuità, un meccanismo automatico, ebbene, non lo è.
Se le indennità non vengono richieste, formalmente, entro un anno dalla cessazione del mandato, il diritto ad ottenerle decade. Come se non fosse mai esistito. Una volta interrotta la decadenza, una comoda prescrizione decennale permette di avere tutto il tempo, forse anche troppo, per mettersi d'accordo e per ottenerle la liquidazione.
Alla chiusura del mandato, una delle prime operazioni condotte dall'azienda è chiudere la posizione in Enasarco, che a sua volta liquida il FIRR all'agente: questo atto può essere considerato come interruttivo della decadenza.
La redazione di Obbiettivo Agenti ha spesso ascoltato delle testimonianze di agenti che, consapevoli di alcune provvigioni che sarebbero maturate nei mesi successivi alla chiusura, attendono che queste arrivino con il pagamento delle fatture, per avviare i conteggi delle indennità: il rischio è che il tempo passi, e che si vada incontro alla odiosa decadenza.
Il suggerimento sempre avanzato in questi casi è quello di non aspettare, di chiedere subito il dovuto, in quanto questo può essere soggetto anche a un'integrazione posteriore, e, soprattutto, meglio non rischiare, e percepire tutto, anche se magari in misura leggermente inferiore.
Mai tollerare malversazioni
Torniamo al frangente precedente alla rottura, nella situazione di un agente messo nelle condizioni di mollare, che magari abbia un fatturato pari a zero da molto tempo a causa di un atteggiamento riottoso della sua mandante. Tutto sta nel non tollerare.
Perché tollerare per un certo lasso di tempo può significare, a posteriori, che in fin dei conti quell'inadempimento contrattuale non era poi così grave – il lasso di tempo tale da configurare un'accettazione sarà tale in base, anche qui, al mercato di riferimento e alle sue caratteristiche.
Attenzione a questo aspetto, perché può significare anche un mutuo consenso alla risoluzione del rapporto in base all'articolo 1732 del Codice Civile. Con il mutuo consenso, il mandato si scioglie non per iniziativa della sola mandante, essendovi compresa anche la volontà dell'agente. Questo mutuo consenso (o dissenso, forse sarebbe meglio definirlo così!) impedisce che il diritto indennitario sorga.
Traiamo le nostre conclusioni
Occorre valutare se il rapporto di agenzia è già finito, al di là della formale disdetta. Le obbligazioni contrattuali legano ambo le parti, e non adempiervi può provocare la fine del mandato anzitempo. Gli ordini non vengono più raccolti, perché l'azienda non ti manda più il campionario? Caro agente, scrivi, chiedi spiegazioni, e non ti accontentare di un “Se non sei soddisfatto, manda la disdetta!”